Renzo Piano: il senso dell’architettura e le periferie.

“L’essenza dell’architetto è lo spirito di avventura”
dice Renzo Piano che, nato a Genova ha ben presto lasciato la sua città per assecondare quello spirito di avventura che un luogo di mare ti infonde quando sei ancora un bambino.

Ma il silenzio, il senso di leggerezza e soprattutto la luce, quella che rendeva il porto delle sue domeniche insieme al papà sempre diverso a ogni ora del giorno, fanno parte del suo bagaglio di uomo e di architetto.
“Mio padre era un piccolo costruttore, un uomo di terra. Ma amava il porto. Quando hai 6 o 7 anni alla campagna preferisci il cantiere, perché è un luogo in cui si costruisce, si cambia. Nel porto tutto vola, è leggero. E della mia città ho portato via con me il silenzio, la capacità di ascoltare, la pazienza, l’impertinenza di saper aspettare e quella bellezza che è legata alla leggerezza di qualcosa sospeso sul mare”.
Ma Genova è una città troppo stretta per chi è animato dalla voglia di scoprire, di creare, di cercare gli equilibri tra spazio e luce.

Leggi la biografia di Renzo Piano

Una grande avventura. Ogni progetto, ogni edificio è un’avventura, in qualsiasi parte del mondo venga realizzato. Ed è fondamentale il rapporto di ogni opera con la città nella quale viene fatta: L’architettura porta cambiamenti, trasformazioni. Non si fa architettura con l’indice di gradimento: si fa dicendo la verità e la verità è dare forma a un cambiamento, ha detto l’architetto, secondo il quale gli edifici, anche quelli che vengono pensati per il centro di New York o di Parigi, come quelli pensati per le aree del Pacifico o per il Trentino, devono comunicare, essere accessibili, spazi di incontro tra le persone e luoghi di cultura. E sono, ha sottolineato l’architetto, proprio i luoghi di cultura, che siano di arte, di musica o di scienza, quelli che rendono belle le città.

Ma non è solo il cuore delle città a custodire la bellezza. Sono le periferie, per Piano, le parti delle aree metropolitane in cui c’è più spazio per cercare e dare spazio al futuro: “A me, come genovese, non fa paura il futuro – dice l’architetto -. È l’unico luogo dove si può andare” e “si deve smettere di associare al termine periferia un aggettivo negativo. Nelle periferie vive la maggior parte dei cittadini e sono questi i luoghi del futuro, vivi più che mai. Ci si preoccupa di salvare i centri storici, anche troppo. A volte sono mummificati“.

Bisogna guardare alle periferie, insiste Piano, come bacini fecondi da cui trarre e in cui creare bellezza:

Lo scorso anno, agli esami di Maturità, sono stato felice che un terzo dei ragazzi ha scelto il tema sul rammendo delle periferie. Sono queste le parti della città che godono della bellezza senza la quale sono state costruite. Salvare i cuori delle città è stato difficile, ma più facile, perché sono fotogenici. Per le periferie ci vuole maggiore energia“.

Per questo l’architetto spinge i giovani a guardare alle aree più periferiche e a diventare ‘architetti condotti‘, al servizio della gente:

Essere architetto condotto, come accade per il medico condotto, ti insegna una cosa importantissima: l’arte di ascoltare la gente e di trovare l’ispirazione“.

Eccolo, a proposito, un “saggio breve” scritto da una liceale al quarto anno di liceo su un argomento così importante per il futuro delle giovani generazioni:

“Un mix di straordinarietà e fragilità: ecco come si manifesta il nostro Paese agli occhi di Renzo Piano, che rappresenta la vera definizione di “uomo di mondo” poiché, grazie al suo lavoro, ha visitato moltissimi Paesi. Una frase del genere non è che un concentrato di verità, rassegnazione e fiducia nel futuro.
Prima di considerare la fragilità dell’Italia a livello paesaggistico e architettonico, è quasi automatico soffermarsi sulla fragilità a livello umano. Gli italiani sono deboli e sono stati risucchiati da un vortice di rassegnazione che non fa altro che peggiorare, sempre di più nel nostro Paese.
Le scarse condizioni paesaggistiche delle città sono la chiara conseguenza del rapporto che noi italiani abbiamo prima con la vita e poi con il nostro Paese. Abbiamo il vizio di utilizzare i problemi che affliggono l’Italia come scusa per lasciarci andare, per fare il minimo indispensabile e crearci un alibi ad ogni nostra sconfitta. Ci sono migliaia di disoccupati in Italia, la maggior parte alla ricerca di un impiego fisso.
Inoltre, a livello economico, l’Italia ha avuto un netto peggioramento negli ultimi anni, rispetto ai precedenti. E la colpa di tutto questo non è di un’unica persona o di un limitato gruppo di persone; la colpa è nostra! Di tutti!
Tutti abbiamo contribuito al peggioramento del nostro Paese. La verità è che non sappiamo valorizzare  le meraviglie che caratterizzano l’Italia.
Non riusciamo a capire quanto potremmo dare una svolta a livello economico, politico e sociale, se solo imparassimo ad amare il nostro Paese.
Amare il nostro luogo di appartenenza vuol dire amarne i pregi ed i difetti, cercando di attuare un miglioramento utile per una ripresa economica e sociale.
Per questo la fragilità e la poca collaborazione influiscono inevitabilmente sulla scarsa qualità delle zone periferiche presenti nelle nostre città.
Esse sono sempre le ultime ad essere considerate. L’intera popolazione preferisce impiegare i propri soldi in altri progetti e luoghi; e non parlo soltanto di luoghi relativi al territorio italiano.
Quante volte sentiamo nomi di imprenditori che investono i propri soldi in altre città europee e non.
Milioni di italiani costruiscono il proprio futuro in altri Paesi che non siano l’Italia.
Dire “questo posto non ha risorse” e “scappare” è la via più semplice.
Ma il problema siamo noi che non vogliamo vedere quante risorse sono racchiuse nel nostro Paese e non ci sforziamo di fare un investimento a livello Nazionale.
Oltre che fragili … siamo anche pigri!
Investire in luoghi come le periferie, ormai degradate a causa della scarsa manutenzione, richiederebbe molti soldi, molto impegno e tanto tempo; invece, investire in un luogo apparentemente “migliore”, anche se lontano, sembra semplice e più soddisfacente.
Il popolo italiano si sta rovinando con le sue stesse mani!
Di questo passo, sognare un futuro, soprattutto per noi giovani, migliore e differente dall’attuale situazione, resterà sempre e solo un sogno. Le periferie devono rientrare nelle nostre priorità.
Dovremmo dare loro il valore che meritano, riconoscerle come risorse utili alla comunità e al futuro nostro e dei nostri eredi.
Dovremmo riconoscere il concentrato di energia umana presente nelle periferie, ed imparare a vederle da un altro punto di vista, diverso da quello che le considera ghetti sociali e basta, lasciando andare i pregiudizi e l’egoismo. Apriamo gli occhi!
Impariamo a pensare alla vita non come un viaggio individuale bensì collettivo. Facendo del bene oggi, metteremo in condizione noi stessi di gioirne e anche i nostri figli, di beneficiarne. Utilizziamo l’affermazione di Renzo Piano come un consiglio da seguire. Puntiamo ad un cambiamento radicale che possa garantire vantaggio al nostro Paese.
Valorizziamo le nostre risorse, senza esclusione alcuna!
Impariamo a vedere oltre le apparenze, ed a liberarci del sentimento di rassegnazione.
Smettiamo di nasconderci dietro falsi alibi e cerchiamo di essere fieri di ciò che abbiamo e di rendere tali i nostri figli.

Maria Cristina Desio – Liceo Scientifico di Battipaglia (Sa)

Anche in Campania Renzo Piano ha operato con il  suo genio.

Il Vulcano buonoè un complesso multifunzionale ubicato nel comune di Nola, nei pressi dell’ Interporto campano, vicino all’abitato di Polvica (località suddivisa tra i comuni di Nola, Acerra e San Felice a Cancello (tutte località periferiche rispetto all’interland napoletano).

L’edificio, inaugurato il 7 dicembre 2007, è stato progettato da Renzo Piano.

Italia, Paese straordinario e difficile. Famoso e ‘venerato’ ovunque.

Mi hanno messo in una teca di cristallo, passano davanti, si inginocchiano e fanno il segno della croce“scherza l’architetto che, oggi lavora relativamente poco nel suo Paese.

Mi piacerebbe tantissimo lavorare in Italia, ma qui è un po’ più difficile, perché le procedure non sono così chiare. La burocrazia è difficile, tagliente, confusa. Il Paese, però, è straordinario, come meravigliosa è la gente e ci sono artigiani bravissimi. L’Italia produce cose straordinarie“. Ma andare via è necessario, perché “se rimani, non capisci che razza di fortuna hai avuto a nascere qui“.

Politicamente ed amministrativamente dovremmo avere l’Antica Atene come modello. “Dovremmo tutti ricordare il giuramento dei politici eletti ad Atene: Giuro di restituire Atene migliore di come me l’avete consegnata‘, questo è il senso della politica” ha detto l’architetto e senatore a vita, che ha sottolineato di non essere un politico, ma di adorare la politica.

Non bisogna arrendersi quando non va così, bisogna resistere!

 

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